giovedì 27 marzo 2014

HER: il futuro secondo Spike Jonze

Già da quando era uscito il trailer in lingua originale, ero rimasta a dir poco agganciata alla storia narrata dal film Lei (titolo originale Her) del regista Spike Jonze (conosciuto per opere visionarie come Essere John Malkovich o Il ladro di orchidee), il quale, durante l’86° edizione degli Accademy Awards, si è visto assegnare l'Oscar come migliore sceneggiatura originale. L’originalità di questa pellicola è, infatti, innegabile, poiché chiunque troverà la trama geniale, in quanto fornisce una buona e verosimigliante idea su quello che potrà essere un futuro non così lontano, in cui la tecnologia continuerà a prendere sempre più piede e i rapporti umani si andranno sempre più "deteriorando".
In una Los Angeles del prossimo futuro (anche se il film è stato girato quasi completamente a Shangai per degli esterni davvero sorprendenti) c’è Theodore (Joaquin Phoenix), un uomo rimasto da solo dopo la fine di una lunga e importante storia d'amore con Catherine (Rooney Mara), che è restato aggrappato al suo (bizzarro) lavoro come scrittore di lettere personali per conto terzi e al mondo dei video game di cui è un grande estimatore.
La solitudine che lo sta opprimendo e la sua forte difficoltà di instaurare nuovi rapporti lo portano a cercare compagnia anche in particolari chat erotiche fin quando non scoprirà una nuova forma tecnologica. Arriverà, infatti, ad acquistare un nuovissimo sistema operativo, munito di intelligenza artificiale e capace di interagire e dar voce a delle emozioni quasi umane, in quanto il suo DNA si basa sulle milioni di personalità dei programmatori che l'hanno creato. Ecco così che Theodore conosce Samantha (Scarlett Johansson, pur comparendo solo attraverso la sua suadente voce roca, all’ultimo Festival Internazionale di Roma ha visto assegnarsi il riconoscimento come miglior attrice, ma ahimè per la sua voce non è stata trovata una degna sostituta nel doppiaggio di Micaela Ramazzotti), una semplice voce di donna, capace però di mostrare attraverso il suo tono e le sue parole un’intelligenza acuta e una personalità molto sensibile e divertente. Capace di crescere attraverso le sue esperienze di vita, sentendosi coinvolta in tutto ciò che fa. 
In breve tempo il loro rapporto muta e si evolve giorno dopo giorno: più tempo trascorrono insieme, più hanno bisogno l’uno dell’altra. È forse amore? Se così fosse come può comunque esistere una relazione con un sistema operativo? Nonostante alcune difficoltà tangibili, Theodore decide di lasciarsi andare in questa nuova storia, perché Samantha riesce a vedere il mondo sotto una prospettiva diversa e per questo la ama.
Cosa succederà, però, quando anche lei, attraverso sempre più sofisticati upgrade, raggiungerà dei livelli di conoscenza e sensibilità così alti da renderla consapevole che potrà sopravvivere più di un comune corpo mortale?
Joaquin Phoenix non è mai sopra le righe e in ogni film riesce sempre a stupire, regalando performance diverse e toccanti allo stesso tempo. Dopo una prova davvero difficile come il personaggio rude e problematico in The Master, è tornato sul grande schermo con un protagonista romantico ed emozionante, in compagnia di nuovo della bravissima Amy Adams, nel piccolo ruolo di una sua cara amica. A livello visivo vengono regalate delle inquadrature dall’alta densità poetica e dai particolari e delicati colori pastello che lasciano senza fiato e ogni fotogramma è davvero ben studiato come una confezionatura di lusso: fotografia, colonna sonora (tra tutti la meravigliosa canzone The Moon Song di Karen & Ezra Koenig) e scenografia sono eccellenti. Davvero particolare (ma azzeccata) anche la scelta minimale dei costumi e degli interni che spesso rimandano all'epoca degli anni '60.
Con molta delicatezza il regista Jonze riesce a coinvolgere lo spettatore addentro alle difficoltà di un rapporto d’amore - non convenzionale davvero (visto che realtà e finzione sono un’unica faccia della stessa medaglia) - senza mai però correre il rischio di diventare ridicolo o addirittura stucchevole. Non vuol condannare questo tipo di società, sempre più vuota di sentimenti reali e tantomeno la tecnologia, che non è neanche il tema centrale che si vuole affrontare; bensì vuole analizzare semplicemente la possibile evoluzione nell’approccio tra uomo e macchina. Cosa che sta maggiormente a cuore a Spike Jonze sono proprio le strane dinamiche dell’animo umano e di quanto l’uomo con tutte le sue imperfezioni riesca sempre a stupire anche in questo strano viaggio in un amore romantico ma decisamente improbabile, che lo aiuterà comunque a comprendere meglio se stesso e a vivere meglio il suo presente.


martedì 25 marzo 2014

La sublime boeuf bourguignonne di Julia Child

Era da tempo che non proponevo più niente di Julia Child, eccomi quindi ricorrere ai ripari con una delle ricette al centro del film Julie&Julia di Nora Ephron con la meravigliosa Meryl Streep nei panni della storica cuoca e la blogger/scrittrice Julie Powell interpretata da Amy Adams. Di questa pellicola avevo già proposto la Salsa olandese, i Crostoni di pane con pomodori rossi e gialli e il Pollo con funghi, panna e Porto, poichè, per chi non la conoscesse, è una fonte quasi infinita di ricette superbe. Ecco allora che oggi vi propongo uno dei piatti più lunghi che abbia mai preparato ovvero la mitica boeuf bourguignon. Carne succulenta che si scioglie in bocca e straconsigliata per tutti gli amanti della "scarpetta", perché la salsetta che si viene a formare in cottura è una cosa a dir poco paradisiaca da mangiare con del pane fresco. Quindi come direbbe Julia... bon Appétit!!!

Ingredienti (per 6 persone): 120 g di pancetta, 800 g di polpa di manzo (tagliata a cubettoni), 250 ml di vino rosso (meglio un Bordeaux, un Borgogna o un Chianti), 450 ml di brodo di carne, 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro, 1 carota, 1 cipolla, farina q.b., 1 spicchio di aglio schiacciato, timo, una foglia di alloro, sale, pepe, olio extra-vergine di oliva e burro

Procedimento
1) Tagliere la pancetta a listarelle e farla rosolare in un tegame da forno con un po' d'olio; dopodiché scolarla e metterla da parte;
2) Nel frattempo asciugare la carne di manzo tagliata a cubettoni con della carta o un panno di cotone e cuocerla nel grasso rilasciato dalla pancetta ancora ben caldo;
3) Appena tutti i lati della carne rimangano ben sigillati e dorati, devono essere tolti dal tegame e conservati in un piatto insieme alla pancetta cotta in precedenza;
4) Far saltare la cipolla e la carota tagliati a pezzi nello stesso grasso, fin quando non risulteranno ben cotte;
5) Riporre nuovamente nella casseruola il manzo e la pancetta cotti in precedenza e aggiustare di sale e pepe;
6) Cospargere il tutto con qualche cucchiaio di farina e sistemare il tegame senza il coperchio nella parte superiore del forno per circa 5 minuti a 180°-200° (N.B.: In questo modo la farina diventerà dorata e contribuirà a creare una piccola crosticina sopra la carne);
7) Dopo questo passaggio ricoprire la carne con il vino rosso e il brodo di carne, aggiungendo anche il concentrato di pomodoro, l'aglio schiacciato e i vari aromi;
8) Portare a ebollizione a fuoco lento e successivamente continuare pian piano la cottura per circa 3 ore nella parte bassa del forno a circa 150° per far sobbollire il liquido;
9) La carne sarà cotta quando si potrà infilzare facilmente con i lembi di una forchetta e la salsina si sarà ben raddensata (N.B. Se la salsa risulta essere troppo liquida, farla addensare ripassandola un momento sul fornello, mentre in caso contrario allungarla leggermente con del brodo).

P.s.: La boeuf bourguignon può essere accompagnata con dei funghi saltati nel burro, delle cipolline brasate o altrimenti anche delle semplici ma gustose patate lesse.

lunedì 17 marzo 2014

Una piccata così... è troppo semplice!

Avevo già parlato in un post precedente di American Hustle - L'apparenza inganna ed era una delle pellicole superfavorite della 86° edizione degli Oscar 2014, eppure con ben 10 nomination, è tornato a casa a mani vuote, visto che Gravity e 12 anni schiavo hanno fatto davvero incetta dei premi migliori e più importanti.
Resta comunque intatta la mia personale impressione su come questo film sia l’ennesima conferma della bravura degli attori protagonisti come anche dello stesso regista David O. Russell (conosciuto anche per gli ottimi lavori come Three Kings, The Fighter o Il lato positivo).
Brevemente vi ricordo di cosa parla questa pellicola: si tratta della vera storia dell’operazione dell’FBI negli anni ’70 chiamata ABSCAM, con cui furono arrestati diversi politici ed esponenti corrotti del congresso americano grazie all’aiuto di alcuni truffatori esperti come Irving Rosenfeld (Christian Bale) e la sua abile amante Sydney (Amy Adams), costretti a collaborare con un agente dell’FBI arrivista, Richie DiMaso (Bradley Cooper).
L’obiettivo iniziale è di incastrare un piccolo politico del New Jersey, il sindaco italoamericano Carmine Polito (Jeremy Renner) per poi arrivare ad acciuffare qualche pezzo grosso della mafia. Con la sua schiettezza negli affari Irving conquista Carmine e i due diventano molto amici, iniziando a frequentarsi. Durante una cena in un ristorante, a cui sono stati invitati anche Irving con la moglie Rosalyn (Jennifer Lawrence), che diverrà la vera mina vagante per tutta l'operazione, Carmine ordina per tutti la specialità della casa ovvero la piccata di pollo. Ecco quindi a voi la ricetta più semplice che posso aver mai proposto!


Ingredienti (per 3 persone): 6 fettine di pollo, farina q.b., burro, olio extra vergine di oliva, pepe, sale, prezzemolo, latte q.b. e succo di ½ limone

Procedimento:
1) Schiacciare le fettine di petto di pollo fino a farle diventare molto sottili e, dopo averle salate e pepate leggermente, infarinarle appena;
2) Far sciogliere una noce di burro con un goccio di olio in un tegame, in cui si andrà a far rosolare la carne per circa 2-3 minuti per lato;
3) Ultimata la cottura del pollo, toglierlo dalla pentola e aggiungervi un po' di latte e il succo di limone;
4) Dopo aver fatto addensare la salsina, servirla in accompagnamento alla piccata di pollo con un pizzico di prezzemolo tritato finemente.

P.s.: Come si vede dalla foto ho accompagnato il piatto con una leggera insalatina di puntarelle alla romana.

giovedì 13 marzo 2014

12 anni schiavo: Steve McQueen e la potenza della storia americana

Dopo averlo rincorso per settimane sono finalmente riuscita a vedere uno dei film favoriti nella corsa all’ultima edizione degli Oscar ovvero 12 anni schiavo.
Candidato a ben 9 premi, nessuno era convinto che potesse farcela soprattutto visto le altre pellicole in corsa (The Wolf of Wall street, American Hustle e Dallas Buyers Club) e nessuno si aspettava di certo l’incetta di premi che ha fatto Alfonso Cuaròn con il suo Gravity (uno dei primi film di fantascienza a ottenere così tanti riconoscimenti).
Saratoga (New York) 1841. Solomon Northup (un bravissimo e convincente Chiwetel Ejiofor) - violinista di successo, nero e nato uomo libero - venne ingannato e, strappato alla moglie e ai due figlioletti, fu venduto come schiavo. Divenne Brett, un negro fuggito dalla Georgia, che, per i successivi 12 anni, dovette nascondere la sua vera identità e le sue capacità di leggere e scrivere.
Divenuto un “negro” come tutti gli altri, Solomon a poco a poco rinuncia a suon di frustate immeritate alla voglia di ribellarsi e di dire a tutti chi sia veramente. Nonostante i mille soprusi e le ingiuste torture subite dai diversi padroni che lo hanno acquistato come schiavo, decide di voler sopravvivere per non perdere almeno la sua dignità di uomo, anche se nel profondo del suo cuore sente sempre più lontana la possibilità di rivedere i suoi cari.
Soltanto quando incontrerà lungo il suo cammino un umile falegname abolizionista (un irriconoscibile Brad Pitt), che lo aiuterà a cambiare la sua vita e a farlo finalmente tornare a casa, scrivendo una semplice lettera per testimoniare la sua legittima libertà.
Come si evince dai titoli di coda, Solomon combatté poi per far condannare gli uomini che lo trassero in schiavitù senza riuscirci, mentre per tutti gli schiavi afroamericani ci vorranno molti altri anni per ottenere una vera giustizia.


Il film è un adattamento (quasi del tutto) fedele del romanzo autobiografico di Solomon Northup, le cui gesta conquistano lo spettatore soprattutto per il suo silenzio struggente più di molti pianti. È impossibile non restare coinvolti da una storia simile, eppure in alcuni momenti (soprattutto nel finale) questa forte empatia con la vicenda narrata sembra scemare. A tratti, infatti, la pellicola pesa per via della sua lunghezza, considerato anche il gran numero di piani sequenza molti belli ma forse inutili al racconto, che non hanno fatto altro che dilungare la storia inutilmente.
Per quanto riguarda la sceneggiatura di John Ridley (anch’esso vincitore del premio Oscar) mi è sembrato alquanto strano che si fosse scelto un uso smodato di un linguaggio a tratti troppo forbito in bocca ai cosiddetti schiavi non istruiti. L’ho trovata una leggerezza di scrittura e forse anche di traduzione nel doppiaggio piuttosto grave: sarebbe stato più comprensibile notare una differenza di espressione tra Solomon e tutti gli altri schiavi comuni, ma con questo non pretendevo certo di tornare al modo di parlare usato dai personaggi come quello di Mammy in Via col vento.
Per l’ensemble di attori scelti per questo film non si è certo elemosinato in bravura.
La presenza di Michael Fassbender nei panni del diabolico padrone Edwin Epps ha regalato al film quel pizzico di disumanità, perversità e cinismo tale da essere in giusta contrapposizione alla figura più mite e sottomessa di Solomon/Chiwetel Ejiofor. Fassbender, attore feticcio e amico di infanzia del regista, ha saputo dimostrare ancora una volta tutta la sua potenza e bravura di attore (avrebbe meritato anche lui la vincita dell’Oscar se non fosse stato per la performance indimenticabile di Jared Leto nei panni di Rayon in Dallas Buyers Club) come anche la giovanissima Lupita Nyong’o (alla sua prima prova d’attrice in un kolossal di tale portata, che le è valso addirittura l’Oscar come miglior attrice protagonista), la quale ha regalato una toccante interpretazione della schiava Patsey, la favorita di Epps, che arriva a supplicare Solomon di ucciderla perché è stanca della sua vita.
Anche i personaggi secondari, pur apparendo per poco tempo sulla scena, lasciano un piccolo segno nella narrazione così potente e realistica dello schiavismo in America: il detestabile Theophilus Freeman (Paul Giamatti), che per primo venderà Solomon come schiavo al padrone William Ford (Benedict Curmberbatch); il perfido John Tibeats (Paul Dano ai massimi livelli) e l’opportunista Harriet Shaw (Alfre Woodard), dapprima schiava e poi moglie nera di uno schiavista, che ama prendere il tè servita e riverita come una vera signora bianca.
Rispetto a Hunger (2008) e a Shame (2011), dove la potenza e la crudezza delle immagini parlavano da sole, in 12 anni schiavo sembra che il tocco incisivo del cineasta inglese Steve McQueen (dal nome omonimo del grande attore degli anni ’70) sia stato leggermente soffocato dal peso di una simile produzione hollywoodiana. La macchina da presa sembra indugiare in alcuni momenti e non mostrare tutto quasi per timore di prendere troppo di petto la situazione, al contrario di come egli aveva dimostrato di saper fare in passato. Al tempo stesso, quasi per farsi perdonare, vengono preferiti degli struggenti primi piani e delle magnifiche inquadrature a piccoli dettagli che tolgono il fiato.
12 anni schiavo commuove e, anche se non si esce dal cinema in qualche modo scossi psicologicamente (come può succedere vedendo Shame), merita comunque di essere visto anche solo per il sublime e realistico scorcio storico che riesce a emulare grazie alla grande maestria del regista inglese, per la fotografia, per i costumi, per le grandi interpretazioni degli attori e per le magnifiche musiche di Hans Zimmer (struggenti soprattutto i canti intonati durante la raccolta del cotone nei campi).
Sono stata a dir poco prolissa, ma è stato come un fiume di parole in piena...

lunedì 10 marzo 2014

Apple pie... mele a gogo!

Qual è il dolce americano per eccellenza? Non ci sono dubbi: la torta di mele ovvero la mitica apple pie.
In molti film viene citata, mangiata o addirittura usata per altri scopi come in American Pie... ma solo due film, secondo il mio modesto parere, la rievocano nel modo più carino e addirittura patriottico… nel caso ve ne vengano in mente altri, posso sempre aggiungerli alla lista!
Il primo film che voglio citarvi è anche uno dei preferiti dell'Amica di Babette in età adolescienziale. Si tratta di A letto con il nemico (1991, Sleeping with the Enemy) del regista Joseph Ruben con una giovanissima Julia Roberts, Patrick Bergin e Kevin Anderson.
Un thriller dal gusto romantico che parla di una giovane coppia, Laura (Roberts) e Martin (Bergin), apparentemente perfetta. Lei è bellissima e succube di un marito che scoprirà ben presto essere molto geloso, possessivo e violento. Stanca di subire continui abusi, Laura architetta una via di salvezza, inscenando la propria morte.
Dopo aver fatto finta di essere annegata durante un incidente in barca a vela, fugge lontano e tenta di ricostruirsi una nuova vita. Anche se il marito riuscirà a trovarla, non voglio certo svelarvi il finale!
Nella piccola cittadina dove si è trasferita Laura (che ha cambiato nome in Sara), incontra Ben, suo vicino di casa e simpatico insegnante di recitazione. Lui è folgorato dalla bellezza della giovane, che coglie in flagrante a raccogliere di nascosto delle mele dal suo giardino. Quale scusa migliore allora per conoscersi meglio e approfittare di farsi cucinare uno dei suoi dolci preferiti ovvero la torta di mele?
Altro film, invece, che trovo simpaticissimo citare per questa ricetta è la commedia (davvero politically uncorrect) Thank You for Smoking (2005, tratto dall'omonimo romanzo di Christopher Buckley), diretto da Jason Reitman e interpretato da Aaron Eckhart, Maria Bello, J.K. Simmons, David Koechner, Katie Holmes, Robert Duvall, Rob Lowe e William H. Macy.
Nick Naylor (Eckhart) è un lobbista per la difesa del fumo e dei produttori di sigarette che sa sfruttare in pieno la sua incredibile parlantina con il quale non perde mai una discussione sui danni innegabili del fumo. Anche i suoi migliori amici sono accomunati dalla stessa sua dubbia integrità morale: si sono, infatti, denominati gli MdM, acronimo per Mercanti di Morte, visto che Nick è in favore dei grandi del tabacco, Polly (Bello) è una lobbista dell’industria degli alcolici e Bobby J. rappresenta la SAFETY ovvero la società per la promozione delle armi da fuoco.
Scommettendo su chi dei tre ammazza più americani ogni anno, Nick sa bene che le sigarette sono al primo posto e sono anche le più odiate soprattutto dalle associazioni contro il cancro in favore delle campagne anti-fumo come quella indetta dal senatore Ortolan Finisterre (Macy), che è addirittura propenso a far stampare degli enormi teschi sui pacchetti delle sigarette.
Cosa possono fare allora le grandi aziende di tabacco contro una simile iniziativa? L’idea di Nick è di far diventare le sigarette più “fighe” grazie allo zampino di Hollywood.
Varie peripezie e dibattiti dovranno far rivedere a Nick i propri valori soprattutto dal punto di vista di come essere un miglior padre per suo figlio Joey, dimostrandogli soprattutto che bisogna sempre saper giustificare le proprie idee.
Una sceneggiatura brillante costellata da numerosi e divertentissimi monologhi caratterizzati da un’arguta e saccente ironia.
Magnifica la scena in cui all’ennesimo incontro degli MdM, Bobby J. ordina un pezzo di torta di mele con sopra una fetta di cheddar (classico formaggio americano), definenendola appunto “patriottica”.
Dopo tanto tergiversare, passo finalmente a parlare della mia versione di questa ricetta.

Ingredienti:
Per l'impasto: 300 g farina 00, 120 g burro, 50 ml acqua e un pizzico di sale
Per il ripieno: 3 mele, 1 spicchio di limone, 3 cucchiai di zucchero semolato, 1 cucchiaino di cannella in polvere, un pizzico di noce moscata e 1 cucchiaio di farina 00
 
Procedimento:
1) Disporre la farina a mo’ di fontana, posizionarvi al centro il burro con il pizzico di sale e, non appena aggiunta l’acqua, amalgamare il tutto fino ad ottenere un composto ben omogeneo, che andrà avvolto con della pellicola trasparente e fatto riposare in frigorifero per almeno 45 minuti;
2) Nel frattempo preparare il ripieno, sbucciando e tagliando a pezzettini molto piccoli le mele a disposizione (N.B. io ho scelto 2 golden gala e 1 fuji), che andranno poi cotte dolcemente in padella con il succo di limone, lo zucchero, la cannella, la noce moscata e un pizzico di farina, fin quando non si otterrà un ripieno morbido e cremoso;
3) Togliere l’impasto dal frigo e con un matterello stendere 2/3 della pasta in modo da ricoprire il fondo di una teglia (dal diametro di circa 25 cm), coperto di carta forno;
4) Disporre le mele cotte in precedenza sullo strato sottile di sfoglia;
5) Ricoprire la torta con un altro strato di impasto e con una forchetta praticare dei forellini sulla superficie e ripiegare poi i lembi della torta su se stessi (N.B. con una parte di impasto restante ho creato delle piccole stelline come decorazione in omaggio al dolce Made in Usa);
6) Cucinare in forno già caldo a 180° per circa 40 minuti;
7) Quando la superficie risulterà leggermente dorata, spennellare con del latte o dell’uovo e spolverare con dello zucchero, rimetterla poi nel forno spento che, grazie al calore, contribuirà a creare una croccante crosticina;
8) Servire calda o fredda (dipende dai vostri gusti) con in accompagnamento un ciuffo di panna montata o una pallina di gelato alla vaniglia.
 
P.s.: Nel ripieno in molti consigliano di aggiungere qualche fiocchetto di burro, ma non me la sono sentita visto che l’impasto di per sé è già molto burroso.

lunedì 3 marzo 2014

I bei piattini della cuoca del Presidente!

Quando qualche mese fa ho visto questo film, non sto a dirvi neanche quanto mi fossi gasata per tutte le ricettine che avrei potuto copiare! Si tratta della pellicola francese intitolata La cuoca del Presidente (2012, titolo originale Les saveurs du Palais) di Christian Vincent.
La storia, liberamente ispirata a Madame Danièle Mazet-Delpeuch (la quale fu la cuoca personale del presidente François Mitterrand), narra le vicessitudini di una famosa chef francesce, Hortense Laborie (Catherine Frot conosciuta per La cena dei cretini o La voltapagine), la quale viene chiamata per cucinare all'Eliseo per l'uomo più potente della Francia, il Presidente della Repubblica (Jean d'Ormesson).
Grazie alle sue ricette sfiziose legate alla tradizione e fatte con ingredienti pregiati porterà molte novità nella cucina del Palazzo e riuscirà a prendere per la gola persino Monsieur le Président, anche se dovrà vedersela con gli altri chef della cucina centrale e con i burocrati che la bacchettano per le troppe spese... ma si sa, a volte per mangiar bene bisogna spendere!
Ecco a voi il mio personale esperimento del cavolo farcito con salmone e carote... vi avverto che questa sarà solo la prima delle tante ricette che prenderò da questo film!


Ingredienti (per 4-5 persone): 500 g di filetti di salmone fresco, 1 cavolo verza, 2 porri, 2 carote, 1 patata, 1/2 cipolla bianca, finocchietto selvatico, origano, sale grigio della Bretagna, sale e olio extra vergine d'oliva

Procedimento:
1) Sbollentare in acqua bollente salata le foglie di cavolo verza precedentemente mondate;
2) Nel frattempo far imbiondire in un pentolino con un filo d'olio la cipolla tagliata sottile, dopodiché aggiungere anche le carote e la patata tagliate a tocchetti, le quali, a cottura ultimata, andranno frullate leggermente;
3) In un altro padellino far cuocere leggermente i porri tagliati a rondelle con un pizzico di origano, sale e un filo d'olio;
4) Prendere una bacinella rotonda di medie dimensioni e ricoprirla con della mussola o con un semplice panno di cotone molto sottile;
5) Iniziare a foderare le pareti della bacinella con le foglie di cavolo verza, da coprire poi con uno strato di filetti di salmone, che andranno salati leggermente con del sale grigio di Bretagna;
6) Dopo aver ricoperto con un paio di cucchiaiate di porri, ricominciare dallo strato di verza e continuare come descritto in precedenza;
7) Una volta terminati gli strati, procedere a chiudere il panno ben stretto con dello spago da cucina;
8) Procedere a far bollire il fagotto nella stessa acqua usata in precedenza per sbollentare il cavolo verza, dove si andrà ad aggiungere un mazzetto di finocchietto selvatico;
9) Dopo circa 20 minuti togliere dall'acqua e lasciar raffreddare;
10) Togliere delicatamente il panno e procedere a tagliare delle fette di medie dimensioni, che andranno posto al centro del piatto sopra un letto di purea di carote e patate preparata in precedenza.

P.s.: Nel film il piatto viene presentato con delle carotine della Loira appena sbollentate... perdonatemi, se io ho preferito quelle del mio orto e stravolgere leggermente la presentazione!