Detachment - Il Distacco è l’ultimo film drammatico di Tony Kaye… forse a
molti questo nome è del tutto sconosciuto, ma si tratta di un eclettico artista
britannico che ha firmato anche la regia del magnifico American History X con
Edward Norton, il quale era riuscito a dipingere con grande sapienza e toni
molto crudi uno spaccato dell’America razzista.
Il suo nuovo e struggente
film, Il distacco, sceglie invece di parlare di un altro grande problema della
società americana ovvero i difetti del sistema di istruzione nelle città di
periferia.
Il film inizia quasi come un documentario proponendo degli
spezzoni di interviste di veri docenti e di come questo senso comune di
pessimismo sia ormai un male dilagante nel sistema scolastico statunitense, dove
non si è più capaci di fare la differenza né come professori né come essere
umani.
Henry Barthes (Adrien Brody) è un supplente di letteratura, che si
ritrova a insegnare in un istituto superiore sull’orlo del baratro. È circondato
da professori invisibili, demotivati o addirittura troppo concentrati sulla loro
unica missione, cioè l’insegnamento, che hanno finito per perdere di vista la
propria vita e annullare la propria esistenza. Gli studenti, invece, sono quasi
tutto adolescenti allo sbando, costantemente arrabbiati, che devono persino
convivere con dei genitori assenti; ma Barthes, anche se si dimostra essere un
uomo solitario e introverso, riesce a instaurare quel giusto rapporto con i suoi
alunni, che riscoprono la voglia di imparare e apprendere cose nuove. In
particolare egli instaurerà un rapporto davvero particolare con Meredith, una
studentessa molto dotata in campo artistico, ma incompresa dai suoi compagni e
dalla sua stessa famiglia. Sarà proprio lei con un gesto estremo a sconvolgere
tutto il suo mondo e tutto quello in cui credeva.
Il distacco del titolo è
proprio quello che manifesta il protagonista nei confronti dell’intero mondo che
lo circonda: è troppo preso dai suoi malesseri interiori (es.: il suicidio della
madre, il rapporto con il nonno affetto da senilità avanzata…) e va in giro
sempre con il freno a mano tirato, perché ha paura di toccare le paure, le
sofferenze e le fragilità della natura umana che lo circondano. Comincia a
rendersene conto quando incontra Erica (Sami Gayle), una prostituta-bambina,
scappata di casa che non ha nessuno e finisce per trovare in lui una figura
paterna, poiché è l’unico uomo che ha cercato di salvarla davvero, portandola
via dalla strada.
Quindi Henry è davvero una non persona, cioè un uomo senza
volto in una classe vuota come ritratto nella fotografia che gli ha regalato
Meredith? No, affatto. Quella che lui reputa essere la sua vita in realtà non è
affatto normale e tutto quel distacco su cui aveva basato la propria esistenza è
solo un muro da abbattere.
La recitazione superba di Brody è stata molto ben
supportata dalle interpretazioni di altri grandi attori quali Marcia Gay Harden,
James Caan, Lucy Liu e Blythe Danner. Devo ammettere che solo grazie a una
rappresentazione estiva in un piccolo cinema cittadino ho avuto l’immenso
piacere di gustare la visione di questa pellicola dai toni così drammatici ma
così poetici allo stesso tempo. Se avete anche voi la fortuna di imbattervi in
questo film, fermatevi a guardarlo e sono sicura che apprezzerete anche voi la
magnifica regia, che saprà colpirvi allo stomaco. I toni non vengono mai
smorzati e le immagini a volte crude trasmettono senza filtri tutta la
veridicità dei fatti che tenta di raccontare questo film. Meritevoli di nota la
fotografia e la grafica che ha inserito nei cambi di scena delle scenette in
bianco e nero che rievocavano i degni a gessetto su una lavagna.
Voglio
concludere questa mia lunga riflessione con le magnifiche parole di A. Campus
che sono state adoperate in apertura del film: “And never have I felt so deeply
at one and the same time so detached from myself and so present in the world”.
(Traduzione: “Non mi sono mai sentito allo stesso tempo così distaccato da
me stesso e così presente nella realtà”.)