mercoledì 22 agosto 2012

Detachment: una poesia accompagnata da un pugno allo stomaco!

Detachment - Il Distacco è l’ultimo film drammatico di Tony Kaye… forse a molti questo nome è del tutto sconosciuto, ma si tratta di un eclettico artista britannico che ha firmato anche la regia del magnifico American History X con Edward Norton, il quale era riuscito a dipingere con grande sapienza e toni molto crudi uno spaccato dell’America razzista.
Il suo nuovo e struggente film, Il distacco, sceglie invece di parlare di un altro grande problema della società americana ovvero i difetti del sistema di istruzione nelle città di periferia.
Il film inizia quasi come un documentario proponendo degli spezzoni di interviste di veri docenti e di come questo senso comune di pessimismo sia ormai un male dilagante nel sistema scolastico statunitense, dove non si è più capaci di fare la differenza né come professori né come essere umani.
Henry Barthes (Adrien Brody) è un supplente di letteratura, che si ritrova a insegnare in un istituto superiore sull’orlo del baratro. È circondato da professori invisibili, demotivati o addirittura troppo concentrati sulla loro unica missione, cioè l’insegnamento, che hanno finito per perdere di vista la propria vita e annullare la propria esistenza. Gli studenti, invece, sono quasi tutto adolescenti allo sbando, costantemente arrabbiati, che devono persino convivere con dei genitori assenti; ma Barthes, anche se si dimostra essere un uomo solitario e introverso, riesce a instaurare quel giusto rapporto con i suoi alunni, che riscoprono la voglia di imparare e apprendere cose nuove. In particolare egli instaurerà un rapporto davvero particolare con Meredith, una studentessa molto dotata in campo artistico, ma incompresa dai suoi compagni e dalla sua stessa famiglia. Sarà proprio lei con un gesto estremo a sconvolgere tutto il suo mondo e tutto quello in cui credeva.
Il distacco del titolo è proprio quello che manifesta il protagonista nei confronti dell’intero mondo che lo circonda: è troppo preso dai suoi malesseri interiori (es.: il suicidio della madre, il rapporto con il nonno affetto da senilità avanzata…) e va in giro sempre con il freno a mano tirato, perché ha paura di toccare le paure, le sofferenze e le fragilità della natura umana che lo circondano. Comincia a rendersene conto quando incontra Erica (Sami Gayle), una prostituta-bambina, scappata di casa che non ha nessuno e finisce per trovare in lui una figura paterna, poiché è l’unico uomo che ha cercato di salvarla davvero, portandola via dalla strada.
Quindi Henry è davvero una non persona, cioè un uomo senza volto in una classe vuota come ritratto nella fotografia che gli ha regalato Meredith? No, affatto. Quella che lui reputa essere la sua vita in realtà non è affatto normale e tutto quel distacco su cui aveva basato la propria esistenza è solo un muro da abbattere.
La recitazione superba di Brody è stata molto ben supportata dalle interpretazioni di altri grandi attori quali Marcia Gay Harden, James Caan, Lucy Liu e Blythe Danner. Devo ammettere che solo grazie a una rappresentazione estiva in un piccolo cinema cittadino ho avuto l’immenso piacere di gustare la visione di questa pellicola dai toni così drammatici ma così poetici allo stesso tempo. Se avete anche voi la fortuna di imbattervi in questo film, fermatevi a guardarlo e sono sicura che apprezzerete anche voi la magnifica regia, che saprà colpirvi allo stomaco. I toni non vengono mai smorzati e le immagini a volte crude trasmettono senza filtri tutta la veridicità dei fatti che tenta di raccontare questo film. Meritevoli di nota la fotografia e la grafica che ha inserito nei cambi di scena delle scenette in bianco e nero che rievocavano i degni a gessetto su una lavagna.
Voglio concludere questa mia lunga riflessione con le magnifiche parole di A. Campus che sono state adoperate in apertura del film: “And never have I felt so deeply at one and the same time so detached from myself and so present in the world”.
(Traduzione: “Non mi sono mai sentito allo stesso tempo così distaccato da me stesso e così presente nella realtà”.)


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