Miele è l'opera prima dell'attrice Valerio Golino, approdata al di là della macchina da presa con una storia difficile su un tema delicato quale il suicidio assistito. Ignara delle piccole o grandi sfumature che contraddistinguono tale pratica dall'eutanasia, sono andata a spulciare qua e là delle informazioni. Ho scoperto, anche grazie al film, che si parla di suicidio assistito quando si tratta di aiutare un malato che ha scelto di morire tramite suicidio; l'atto finale di togliersi la vita, però, è compiuto interamente dal soggetto, il quale si somministra da solo i medicinali necessari, in modo così da non lasciare tracce e coinvolgere terze persone.
Miele è anche il nome in codice usato da Irene (una superlativa e bellissima nel suo genere Jamine Trinca), una giovane ragazza che da quasi tre anni si dedica ad aiutare clandestinamente i malati terminali a morire. Lei ci crede molto in quel che fa e lo considera un lavoro a tutti gli effetti (viene pagata sottobanco e profumatamente). Peccato che arriverà l'ingegnere Carlo Grimaldi (un magistrale Carlo Cecchi) a scombinare il suo mondo in precario equilibrio. Un anziano signore che, depresso, ha bisogno di qualcosa per farla finita senza troppi clamori. A causa di domande non fatte, Miele dà per scontato che lui sia molto malato come tutti gli altri che ha già aiutato in precedenza, ma, non appena scoprirà il contrario, tra i due nasceranno diversi scontri verbali.
Lei gli rinfaccia di non essere un sicario, ma che aiuta a morire solo chi è veramente malato. E lui non lo è? Affranto o più che altro annoiato dalla vita che è costretto a vivere nella sua profonda solitudine e circondato da persone inette e facenti parte di una società squallida e vuota. Miele vorrebbe salvarlo, perché in fondo lei rincorre la vita e la speranza che le persone ritornino sui loro passi e decidano di non uccidersi.
Lei gli rinfaccia di non essere un sicario, ma che aiuta a morire solo chi è veramente malato. E lui non lo è? Affranto o più che altro annoiato dalla vita che è costretto a vivere nella sua profonda solitudine e circondato da persone inette e facenti parte di una società squallida e vuota. Miele vorrebbe salvarlo, perché in fondo lei rincorre la vita e la speranza che le persone ritornino sui loro passi e decidano di non uccidersi.
L'importanza della musica in questo film è fondamentale non solo per il significato che racchiudono le singole canzoni ma anche di come queste siano la colonna sonora d'accompagnamento nell'ultimo viaggio dei malati. La fotografia e le scelte registiche sono un connubio perfetto che accompagnano dolcemente l'occhio dello spettatore per tutta la durata della pellicola.
Notevoli le presenze degli altri due uomini nella vita di Miele ovvero gli affascinanti Libero De Rienzo e Vinicio Marchioni.
Il film è liberamente ispirato al romanzo "A nome tuo" di Mauro Covacich e come tale non si propone, come dichiarato dalla stessa regista Golino, nelle vesti di manifesto a favore del suicidio assistito. In realtà è molto più semplicemente un film sul significato della dignità umana e sull'amore, tanto delicato quanto struggente dal finale poetico strepitosamente azzeccato.
P.s.: Miele è stato presentato nella sezione Un Certain Regard della 66a edizione del Festival di Cannes e si è aggiudicato la menzione speciale della Giuria Ecumenica a pari merito con Tale padre tale figlio del regista giapponese Kore-Eda Hirokazu. Ogni anno questa giuria assegna tale premio per i valori umani e spirituali dimostrati dai film in concorso.
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