giovedì 20 febbraio 2014

Smetto quando voglio, è possibile?

Se come me avete una necessità impellente di farvi due risate, il film che al momento fa al caso vostro è Smetto quando voglio, l’opera prima del giovane regista salernitano Sydney Sibilia con un ensemble di attori bravissimi come Edoardo Leo, Valeria Solarino, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero De Rienzo, Stefano Fresi, Lorenzo Lavia, Pietro Sermonti e Neri Marcorè.
Una commedia leggera e ben recitata come non se ne vedeva da tempo, che garantisce risate dall'inizio alla fine, anche se con un po’ di amaro in bocca. Forse ci saranno pure troppi riferimenti cinematografici, ma lo spettatore non ci fa caso visto il ritmo serrato del racconto.
La storia è incentrata sulle vicissitudini legate al protagonista, il professor Pietro Zinni (un travolgente Leo), che, per evidenti spinte politiche, perde la sovvenzione alla sua borsa di ricerca alla facoltà di Neurobiologia dell’Università della Sapienza di Roma. Affranto dal fatto di aver buttato via anni di studi dietro le ricerche su un algoritmo rivoluzionario, decide di avere la rivalsa su quel sistema a cui ha dato tanto e che in poco tempo lo ha buttato in mezzo a una strada.
Cosa fare però? Mente alla sua compagna Giulia (una trattenuta Solarino) e le fa credere che sia riuscito a farcela e per caso si imbatte nell’idea di creare una nuova droga o meglio smart drug attraverso l’aiuto delle più eminenti menti che conosce ovvero molti amici accademici accomunati dal suo stesso destino traballante.
Grazie all’aiuto del suo amico chimico Alberto (una strabiliante Fresi), finito a fare il lavapiatti in un ristorante cinese con l'aspirazione di diventare cameriere, sintetizzano una nuova sostanza stupefacente a base di una molecola, tra quelle che non sono state ancora messe al bando dal Ministero della salute.
Per convincere gli altri, Pietro continua a ripetere che la cosa è perfettamente legale, ma certamente non lo è lo spaccio.
La banda di nerd si arricchisce quindi di altri elementi, ognuno con le proprie peculiarità e funzioni: Giorgio e Mattia (Aprea e Lavia), due latinisti di fama internazionale che pur di sopravvivere lavorano come benzinai presso la pompa di benzina gestita da un cingalese (davvero spassose le scene di questi due che si insultano usando l’antica lingua latina); Andrea (Sermonti), un antropologo in cerca anche di un umile lavoro a nero, utile a insegnare a ogni componente della nuova banda le movenze da veri malviventi; Arturo (Calabresi), un archeologo precario e spiantato, costretto ancora a vivere con i suoi, reclutato solo per il furgone e, infine, Bartolomeo (un ben ritrovato De Rienzo), un’economista, che si dovrà occupare delle finanze derivate dalla nuova attività autogestita, che di mestiere tenta invano di contare le carte a poker. 
L’estremo successo della nuova smart drug e il forte giro di affari che sono riusciti a creare li porteranno a uscire leggermente dai binari e a cambiare completamente stile di vita; peccato che dovranno vedersela anche con dei veri e pericolosissimi trafficanti, capitanati da un semi-sfigurato Neri Marcorè detto Il Murena (anch’egli un tempo ingegnere nautico, passato alla malavita).
Non volendovi svelare oltre, vi aggiungo solo che Sibilia, insieme ai co-sceneggiatori Attanasio e Garello, hanno garantito un esordio scoppiettante per una pellicola sagace e divertente, ben scritta e altrettanto ben recitata da una corale di veraci attori, che emergono per simpatia e bravura tutti allo stesso modo.
Davvero meritevole di nota la fotografia dai tratti così acidi, fluorescenti quanto psichedelici di Vladan Radovic, che conquista grazie alla fluidità e il movimento delle inquadrature.
Un riuscitissimo ritratto contemporaneo della società attuale dove molte menti brillanti sono state ridotte ai margini della società ad accontentarsi di qualsiasi lavoro pur di sopravvivere, ma al contempo costretti ad abbandonare le proprie speranze e passioni.
Purtroppo da tempo sostengo che la laurea è diventata un handicap per molti ed è sicuramente più conveniente finire in galera visto che oggigiorno nel nostro Belpaese l’intelligenza, la cultura e l’educazione non vengono più considerati un valore aggiunto.


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