Ammetto che prima di questo film
non conoscevo il regista francese Jacques Audiard, ma posso senza ombra di
dubbio affermare che adoro il suo modo di usare la macchina da presa. Ogni inquadratura
quasi sfiora gli attori, facendoti sentire il loro respiro e quei primi piani
così intensi ti fanno credere di accarezzare i loro pensieri.
Ispirato all’omonima raccolta di
racconti dello scrittore canadese Craig Davidson, Un sapore di ruggine e ossa è un film drammatico, potente e vibrante con una giusta
dose di romanticismo, dove spesso non c’è neanche bisogno di parlare visto che la
potenza delle immagini parla da sé (es.: le lotte clandestine a rallentatore o il
linguaggio del corpo nelle scene di sesso).
Ali (Matthias Schoenaerts) si ritrova all’improvviso a doversi occupare del figlioletto di cinque anni, Sam
(Armand Verdure), che non conosce affatto e che non sa come gestire, così decide
di andare dalla sorella che abita ad
Antibes, nel sud della Francia.
Fortunatamente lì riesce a
trovare subito un lavoro come buttafuori in una discoteca, dove conoscerà
Stéphanie (Marion Cotillard), una donna bella e algida, che ama essere guardata
dagli uomini e sa bene come sedurli. Stephanie non sarà mai alla sua portata ma
Ali decide comunque di lasciarle il suo numero di telefono.
All’improvviso un incidente
stravolgerà l’equilibrio di ciascun personaggio e le loro vite non saranno più
le stesse. Durante lo spettacolo di orche marine nel parco acquatico dove
lavora, Stéphanie rimane vittima di un brutto infortunio e le verranno amputate
entrambe le gambe e con loro anche la sua sicurezza e la sua bellezza. Non ha
più voglia di vivere e tanto meno di pensare di poter esistere costretta su una
sedia a rotelle.
Un giorno, però, lei decide di
richiamare Ali e da quel momento le cose inizieranno a prendere una piega
diversa. Lui sembra non dare peso al fatto che lei sia senza gambe,
trasmettendola in qualche modo quella sicurezza che sembrava esser perduta per
sempre dal giorno dell’incidente.
Sono entrambi due persone
tormentate nello spirito e continuamente in lotta con se stesse e con chi gli
sta accanto. Nel frattempo Ali accetta vari lavori pur di guadagnare qualche
soldo in più e decide persino di battersi negli incontri clandestini di
pugilato a mani nude. Un giorno Stéphanie lo accompagna e rimane
particolarmente “eccitata” da quel mondo senza regole dove solo la forza
animalesca dell’uomo ha la meglio.
È un film, infatti, che parla di
corpi: da una parte quello tumefatto di Ali che usa per farsi strada in un
mondo quasi primitivo e dall’altro quello amputato di Stéphanie, imbrigliato
nella malinconia e nello scoraggiamento, ma piano piano lei saprà ritrovare un
modo per sopravvivere proprio grazie all’amore, risollevando al tempo stesso il
destino di Ali, che riuscirà a farcela nella vita sia come pugile che come
padre.
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