domenica 21 ottobre 2012

Ma dov'è la Pietà?

L’altra sera non ero certo partita da casa con l'intenzione di andare a vedere Pietà, l'ultimo film di Kim Ki-duk, ma il destino ha proprio voluto giocarmi questo scherzo e così la mia solita saletta cinematografica ha deciso di cambiare il film in programmazione. Che fare? Non me la sono sentita di andarmene e ho deciso di restare. Avevo visto il trailer del film, dopo aver scoperto che era risultato vincitore del Leone d’Oro della 69° edizione della mostra del cinema di Venezia  e mi ero detta che non sarei mai stata capace di vederlo... invece no! Ma lo devo ammettere questa pellicola è un bel pugno dritto allo stomaco che non ti lascia in pace neanche per un secondo, dove anche i silenzi sono pesanti come macigni e dove gli sguardi sono più taglianti di una lama.


Il protagonista del film è Gang-do (Lee Jung-jin), una vera carogna senza anima che conosce solo la violenza come mezzo a cui ricorrere sui poveracci da cui deve recuperare i soldi prestati dal suo capo, un crudele e potente strozzino. Non mostra mai pietà per nessuno e proprio per questo ognuna delle vittime dei suoi soprusi medita vendetta nei suoi confronti, immaginando mille modi per fargli patire almeno in parte tutto il dolore che ha procurato loro. La sua vita, però, prenderà una piega inaspettata quando, un giorno, una donna (Cho Min-soo) gli dice di essere sua madre, pretendendo da lui solo il perdono per averlo miseramente abbandonato alla nascita.
Dapprima è sospettoso e non vuole crederle… sospettoso a tal punto da costringerla a subire delle situazioni al limite dell'incesto, ma il bene di una madre supera anche questo. La donna in realtà nasconde ben altro e solo alla fine la tragedia si compirà, quando inscenerà di esser stata rapita. 
In apparenza più che di pietà questo film sembra trattare altri temi come la vendetta, il senso di colpa e la morte e lo fa senza troppi giri di parole, usando uno stile asciutto, potente e trasgressivo, dove il denaro è il problema alla base di tutti i mali. Come si dice nel film, “il denaro è l'inizio e la fine di tutto”: bramato a tal punto da chi non ne ha che si finisce per sognare troppo a occhi aperti.
Proprio per il fatto che per molti la tranquillità economica simboleggi la sola vera felicità, credo che il regista abbia deciso di concludere il film con un accenno del Kyrie Eleison... ovvero Signore, pietà di loro.

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